Documentario che attraverso la presa diretta di tre vite vissute all’ombra del vulcano racconta di una condivisione, di un sentimento di paura senza fine, di una fede che si tramanda, di un paesaggio da amare e di un cemento da odiare, di un figlio che sfrutta e di una Madre che castiga.
“Sul Vulcano” è un film su Napoli che vuole prima di tutto evitare la rappresentazione classica stereotipata della città e che dimenticato il teatrino napoletano, ci regala un affresco inedito attraverso un percorso che sa valorizzare la cultura nella sua più ampia accezione, quella che non distingue ciò che è alto da ciò che è basso ma che usa il dialogo perché è consapevole che la ricchezza sta nella contaminazione.
Un paesaggio mozzafiato, quello vesuviano, ricco di fiori e di una bellezza unica che troppo spesso si trova adagiata sofferente su un cemento soffocante, questo il retroscena che si fa coprotagonista insieme agli uomini e alle donne che lo abitano immersi in un universo di contraddizioni.
Un progetto ambizioso che si serve di tre personaggi, Matteo Iole e Maria, che attraverso quelle che lo stesso regista chiama “voci pensiero” esprimono la loro arte di vivere dialogando con testi letterari interpretati da famosi attori (tra i quali Toni Servillo, Iaia Forte, Donatella Finocchiaro, Fabrizio Gifuni e Leo Gullotta).
I contributi più interessanti, ad un’opera che sembra divertirsi a “farci perdere la bussola”, provengono dalle immagini dell’istituto Luce sulle eruzioni storiche del Vesuvio, da testi accuratamente selezionati – Leopardi, Curzio Malaparte, Giorgio Bocca, Giordano Bruno tra gli altri – e dalla musica di Daniele Sepe che accompagna le immagini unendo tradizione e gusto moderno.
E’ così che il paesaggio, i volti e le voci si fondono dando vita ad un risultato che confonde nella sua impossibilità di definirsi attraverso un’identità, quella vesuviana, fatta di consapevolezza e incoscienza, di contatto quotidiano con una terra che è cenere e vita allo stesso tempo, che regala i suoi frutti all’uomo ma che può anche strapparglieli con tutta la sua violenza. Una contraddizione non solo apparente ma molto profonda, duplicità e schizofrenia, come afferma lo stesso Pannone, che unisce il Vesuvio a chi lungo le sue pendici ha costruito la sua vita, dimenticando (forse) la paura.
Le avversità danno vita alla grandezza.
maggiori sono le sfide e le difficoltà che affrontiamo,
maggiori opportunità abbiamo di crescere e
svilupparci come persone.
una vita facile, senza ostacoli, non porta frutti.
questo è un fatto incontestabile della vita.
D. Ikeda