Sul Vulcano di G. Pannone, ITA 2014

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Documentario che attraverso la presa diretta di tre vite vissute all’ombra del vulcano racconta di una condivisione, di un sentimento di paura senza fine, di una fede che si tramanda, di un paesaggio da amare e di un cemento da odiare, di un figlio che sfrutta e di una Madre che castiga.

“Sul Vulcano” è un film su Napoli che vuole prima di tutto evitare la rappresentazione classica stereotipata della città e che dimenticato il teatrino napoletano, ci regala un affresco inedito attraverso un percorso che sa valorizzare la cultura nella sua più ampia accezione, quella che non distingue ciò che è alto da ciò che è basso ma che usa il dialogo perché è consapevole che la ricchezza sta nella contaminazione.

Un paesaggio mozzafiato, quello vesuviano, ricco di fiori e di una bellezza unica che troppo spesso si trova adagiata sofferente su un cemento soffocante, questo il retroscena che si fa coprotagonista insieme agli uomini e alle donne che lo abitano immersi in un universo di contraddizioni.

Un progetto ambizioso che si serve di tre personaggi, Matteo Iole e Maria, che attraverso quelle che lo stesso regista chiama “voci pensiero” esprimono la loro arte di vivere dialogando con testi letterari interpretati da famosi attori (tra i quali Toni Servillo, Iaia Forte, Donatella Finocchiaro, Fabrizio Gifuni e Leo Gullotta).

I contributi più interessanti, ad un’opera che sembra divertirsi a “farci perdere la bussola”, provengono dalle immagini dell’istituto Luce sulle eruzioni storiche del Vesuvio, da testi accuratamente selezionati – Leopardi, Curzio Malaparte, Giorgio Bocca, Giordano Bruno tra gli altri – e dalla musica di Daniele Sepe che accompagna le immagini unendo tradizione e gusto moderno.

E’ così che il paesaggio, i volti e le voci si fondono dando vita ad un risultato che confonde nella sua impossibilità di definirsi attraverso un’identità, quella vesuviana, fatta di consapevolezza e incoscienza, di contatto quotidiano con una terra che è cenere e vita allo stesso tempo, che regala i suoi frutti all’uomo ma che può anche strapparglieli con tutta la sua violenza. Una contraddizione non solo apparente ma molto profonda, duplicità e schizofrenia, come afferma lo stesso Pannone, che unisce il Vesuvio a chi lungo le sue pendici ha costruito la sua vita, dimenticando (forse) la paura.

Le avversità danno vita alla grandezza.

maggiori sono le sfide e le difficoltà che affrontiamo,

maggiori opportunità abbiamo di crescere e

svilupparci come persone.

una vita facile, senza ostacoli, non porta frutti.

questo è un fatto incontestabile della vita.

D. Ikeda


Cinquanta sfumature di (grigio) ridicolo

Un record di incassi esploso come da aspettative in un qualsiasi weekend di san valentino. Questo è Cinquanta sfumature di grigio, un caso letterario (più di 100 milioni le copie del romanzo vendute) e la sua naturale ed inevitabile trasposizione cinematografica.

Così, fatti i conti con la mia ossessiva compulsiva curiosità a discapito di reputazione e buon vicinato, ho deciso di vedere il film anche se con un certo programmato ritardo.

I primi minuti del film scorrono incontrollati e il mio impegno si è concentrato soprattutto sull’evitare di farmi influenzare dalle iterate scene in cui il signor Grigio amante del pigiama modello intimissimi, si diletta a togliersi la maglietta. Ho pazientato e ignorato un iniziale coinvolgimento emotivo–ormonale per poi rendermi conto nel giro di niente che gli avrei volentieri messo le mani sulla faccia e sputato in un occhio.

Più il film si sviluppa e più sembra incredibile pensare che un soggetto simile possa suscitare una qualche emozione al di là di inevitabili risate. E se il protagonista maschile amante delle sculacciate lascia più di un dubbio, sul fronte femminile non siamo messi meglio perché la protagonista è degna del suo principe dotato di frustini ed elicottero.

Anastasia è una cenerentola moderna che “pronti via” si ritrova ad intervistare quasi per caso e proprio per culo questo mega manager, che vestita da finta sfigata con macchina da finta alternativa si ubriaca post laurea con una birra e si ricorda poco prima di sputare l’anima per terra di chiamare il facoltoso Gray che, colpone di scena, si materializza giusto in tempo per tirare un pugno ad un illuso ammiratore, evidentemente manchevole dei passatempi giusti per fare centro.

E poi c’è l’ascensore, il tema forte del film, veicolo di emozioni e passione…chi l’avrebbe mai detto…

Questo è quanto, forse ho  dimenticato qualcosa su delle citate pinze vaginali ma il resto sono solo cravatte e in definitiva il sesso tanto decantato e millantato ci è precluso. La storia fa il suo decorso in un patinato che si vende certo più facilmente ad un pubblico da grandi occasioni, quello che non ama scomporsi troppo. Ma questa non è una critica perché nulla di più di ciò che ho visto mi aspettavo e a niente servono i paragoni con altri film usciti recentemente, in primis Nymphomaniac, etichettati anch’essi come ‘erotici’ ma di ben altra caratura.

Discorsi a parte quello che mi preme di più è condividere una accurata selezione delle migliori battute del film.

Gray: “se fossi mia non potresti sederti per una settimana”

Gray: “non ti toccherò…non prima di avere il tuo consenso scritto”

Anastasia: “farai l’amore con me?”

Gray: “due cose”

“Io non faccio l’amore…io scopo forte”

Gray: “la mia stanza dei giochi…”

Anastrasia: “tipo xbox?”

Gray: “mi piacerebbe scoparti a metà della settimana prossima”

Gray: “alza di nuovo gli occhi al cielo e ti metto pancia sotto sulle mie ginocchia”